Amato “Le
qualifiche sono iniziate ed io, già seduto ripasso mentalmente
ciò che ho fatto al telaio e al motore, per dare il massimo in
queste due sole possibilità concesse dal regolamento. La visiera
è giù, le mani sul volante, il respiro calmo. La mente ripassa i
punti di staccata, le traiettorie, i tratti dove converrà
rischiare per guadagnare qualche decimo. Il cuore batte:
comincio ad isolarmi veramente, il commissario mi fa segno di
partire. La persona che deve spingermi per far partire il motore
sa che dovrà muoversi solo al mio cenno, non posso rischiare di
raggiungere un pilota più lento davanti a me.
Via alla spinta -seconda, prima- il motore
parte. Una breve sfuriata per evitarne l’imbrattamento poi,
calma! Siamo nel giro di lancio, si devono scaldare le gomme e
il motore. Il kart, la pista ed io dobbiamo diventare un tutt’uno.
Nella mia mente non c’è niente, a parte il tratto di pista che
vedo e le azioni che dovrò fare da qui a poco. Interrogo
mentalmente il telaio, le gomme, il motore, i freni cercando
quelle sensazioni giuste che mi potranno portare a fare la
qualifica più tranquillamente possibile.
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Ok. Da metà giro in poi, s’inizia a fare sul serio:
si tirano le marce, si “pennellano” i cordoli. Nell’ultima
curva, prima di “prendere” la fotocellula, entro piano,
l’importante è uscire veloci. Il commissario mi segnala che è
iniziato il primo giro. La prima staccata. Piano! Le gomme non
sono ancora in temperatura. Alla fine del rettilineo, non devo
mollare, il primo cordolo si gira in sesta piena; stacco un
metro prima dell’altro: tu-tum! Levo due marce, giù
l’acceleratore per il curvone a destra, in quarta. Il cordolo è
alla mia destra, il kart tira a sinistra: è l’eterna lotta con
la forza centrifuga che lascio sfogare appena finita la curva.
Quinta tutto a destra, un’altra curva davanti a me; sesta, e giù
il piede, prima di sfiorare il cordolo. Il kart si mette di
traverso, sfrutto tutta la potenza frenante che il telaio e le
gomme mi permettono e via, tolgo tre marce di botto, due curve
in successione, tutte è due a destra. Terza piena, il motore
"arriva", un attimo prima della seconda curva inserisco la quarta
e di nuovo a “tavoletta”: il sedile sembra volermi buttare
fuori, il casco sembra pesare dieci chili.
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Mi appello a qualcuno in Paradiso e cerco di
tenere giù… non devo mollare… devo portare il kart più a destra
possibile per non rovinarmi la traiettoria in entrata del tornantino
a sinistra, che giro di seconda
Comincio ad accelerare piano e sempre più giù,
terza - quarta - quinta. Di nuovo una curva a sinistra,
inserisco la terza, giro, ma non “vado” a cordolo, mi tengo a
sinistra; l’altra curva è a destra - quarta - comincio a girare
e innesto di nuovo la terza e poi giù con l’acceleratore -
quarta - quinta, la curva prima del rettilineo! Non la devo
sbagliare. Sfioro il cordolo e via di quarta, parzializzando un po’
-quinta- passo il traguardo e il primo giro è in “saccoccia”.
Adesso devo forzare un po’ di più - sesta- di nuovo fin dentro
la esse alla fine del rettilineo. Passo il primo cordolo in
pieno, al secondo levo una sola marcia e giro. Entro di quinta
nel curvone e mi appello ad un santo più influente di quello di
prima: a metà curva inserisco la quarta si…! Sono uscito
indenne, due decimi guadagnati - quinta- di nuovo la curva
veloce - sesta- giù il piede; di traverso, che bella sensazione
il dominio dell’uomo sulla macchina. Terza, ancora quarta - in
pieno per le due curve destrose, il tornantino, a tavoletta sin
dall’inizio della curva -terza- quarta- quinta- curva a
sinistra, di nuovo di terza, giù il piede, ormai le gomme sono
in temperatura. Quarta a destra parzializzando il motore senza
frenare, terza in uscita e subito in successione quarta-quinta.
Il curvone prima del rettilineo, un ultimo sforzo e il giro è
perfetto. Ma si! Tanto c’è il primo giro, in quarta a tavoletta.
Dall’inizio alla fine della curva; le leggi della fisica mi
avvertono che devo mollare, ma il cronometro e il cuore mi
assicurano che devo tenere giù. Il cordolo a sinistra in uscita,
quanto è diventato piccolo! Mamma mia quant’è lunga questa
curva… non ci riesco…non ci riesco… l’ultimo millimetro di
cordolo mi salva e il kart si mette dritto… si! In quarta il
motore grida. La quinta entra come una fucilata, quasi senza
rilasciare l’acceleratore. La bandiera a scacchi mi assicura che
il “supplizio” è finito; innesto la sesta e faccio riposare il
motore. Dio! Quant’è bello respirare, mi sembra di aver
trattenuto il fiato per un’eternità.
Calma, avrò fatto tutto bene? Che tempo avrò
segnato? E gli altri? Cosa avranno fatto i miei avversari? Entro
in parco chiuso e cerco subito l’amico Settimio; prima che lui
parli tento d’interpretare il suo volto, lo vedo arrivare
sorridente con il cronometro in mano, non devo aver fatto un
cattivo tempo”. Per la cronaca, questo era il giro record
che mi permesso, su 19 concorrenti, di partire in
pole-position nell’agguerrita categoria 125.
Renato Bruno